Camillo Prampolini


Il Riformismo socialista nel dibattito storiografico contemporaneo

di Mirco Carrattieri

A partire dalla fine degli anni settanta, la riflessione storiografica sul socialismo italiano ha conosciuto due fasi principali, segnate su scala locale dai convegni dedicati alla figura di Prampolini nel 1978 e nel 1993.
La prima stagione coincide con la ripresa di interesse per la componente riformista nella sua dimensione politico-ideologica, portando a compimento una nuova sintesi sul tema con la storia del PSI edita da Laterza ed il lavoro di Maurizio Ridolfi sulla forma-partito socialista. All’inizi degli anni novanta, la coincidenza del centenario della nascita del partito con la sua crisi (e l’avvento di una nuova stagione storiografica) hanno prodotto un effetto ambivalente: da un lato sono venuti meno molti sostegni ideali ed istituzionali alle ricerche sul tema; dall’altro però la chiusura di un ciclo ha sollecitato la riconsiderazione del socialismo come fenomeno storico e l’allentarsi dei vincoli politici ha consentito la piena realizzazione di un approccio più scientificamente fondato.
In particolare nell’ultimo decennio si è assistito ad una intensa attività di ricerca monografica che ha inteso applicare anche al contesto italiano gli strumenti forniti dalla scienze sociali e politiche; si sono inoltre moltiplicate le occasioni convegnistiche destinate ad illuminare la dimensione sovranazionale della vicenda social-riformista (in quest’ambito si segnalano le iniziative di ricerca promosse dall’Istituto socialista di studi storici di Firenze).

Da questa stagione di studi, di cui non è ancora possibile trarre un bilancio definitivo, è emersa una nuova considerazione per la dimensione organizzativa e culturale della vicenda socialista; ciò ha consentito di evidenziare come essa esprima un progetto politico parallelo, alternativo e in qualche modo contrapposto a quello dello stato nazionale ed insieme però offra un contributo tangibile sia alla “nazionalizzazione delle masse” che alla loro acculturazione politica. Questo secondo aspetto ha trovato particolare attenzione all’interno del filone di ricerca dedicato alla crescita urbana che si sviluppò in Europa tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, fenomeno generalmente identifi cato in Italia con il termine (per certi versi discusso e controverso) di “municipalismo”. In effetti, gli studi sul tema hanno oramai evidenziato come in gran parte dell’Europa si affermò in quella congiuntura storica un “movimento” comunale -costituito da tecnici, amministratori e politici con forti legami transnazionali -che identificò nelle realtà locali dei veri e propri “laboratori” di sperimentazione di una società futura, individuando in particolare nei servizi comunali gli strumenti per fare fronte alle nuove istanze della modernità.

Si tratta di un movimento di diversa ispirazione politica (cattolica, protestante, liberale, marxista, laburista) che in Italia si concretizza, tra l’altro, nell’esperienza del socialismo municipale, inteso come declinazione locale del socialismo in rapporto ambivalente con il sistema liberal-capitalistico dominante a livello nazionale. All’interno della ricca produzione storiografica europea si possono segnalare, ad esempio, gli studi di Patrizia Dogliani dedicati alla nascita del riformismo francese che hanno evidenziato come, nella lunga transizione da movimento rivoluzionario a forza di governo, attraverso l’apprendistato nel governo locale i socialisti francesi impararono a controllare gli apparati amministrativi ed a gestire l’economia. Nel contesto italiano, il tema della municipalizzazione dei servizi ha conosciuto una larga fortuna a partire dai primi anni ottanta.
Peraltro, dopo una fase iniziale in cui l’attenzione era rivolta principalmente agli aspetti economici-amministrativi, successivamente l’accento si è spostato sulla dimensione politico-sociale; questo mutamento di interessi è da mettere in relazione con il vivace dibattito sulle autonomie ed il decentramento, ma anche con il fiorire di studi di storia dell’amministrazione e sui ceti dirigenti locali, depositari di quei “saperi speciali” dai quali avrebbe tratto forza e legittimazione l’intervento pubblico.

Nel complesso gli studi sul municipalismo italiano si dimostrano particolarmente attenti al rapporto tra modernizzazione/mediazione politica/offerta di servizi/consenso, declinato dalla più recente storiografia in chiave di “riformismo dal basso”.


Ultimo aggiornamento: 03/12/08